le ombre della luce

... nel nostro mondo l'ombra è traccia della luce così come la verità ha in sé l'ombra ...
    G.Bruno
Lo spirito divino traccia con la luce i confini dell’essere
di Robert Fludd, 1617

INTRO

Nascere è venire alla luce. Questa espressione deriva da una simbologia ancestrale legata alla luce che risale agli antichissimi culti egizi, mesopotamici e iranici. Poi ereditata dalle tre grandi religioni monoteiste.
Tutto, cioè l’intero universo, per noi ha inizio con la luce. La luce è ciò mediante cui Dio, il giorno eterno, crea il cosmo e si manifesta nel giorno sensibile determinato dal Sole. Nella Bibbia la luce è la prima delle cose create. Dio disse: Sia la luce!. E la luce fu (Gen, 1,3). La vita è un’entrata nello spazio illimitato di una scatola che è sempre aperta prima di noi e per noi. La domanda su cosa sia la luce, non è facile. Per secoli, le più grandi menti della scienza hanno discusso di questo problema. Possiamo però dire che la realtà, nei suoi costituenti elementari, è molto diversa da quello che appare e che tutte le grandi scoperte del 1900 hanno come filo conduttore il fatto che sono nate dallo studio della luce.  Grazie alla percezione visiva, cioè come percepiamo la luce che arriva ai nostri occhi interpretiamo il mondo e creiamo immagini, attiviamo i tre sistemi di quello che chiamiamo Supervisory Attention System che è riassunto in: dove guardare, cosa fare e cosa cercare. Seguendo il filo rosso dello studio della luce qui possiamo tracciare il nostro itinerario mistico, filosofico, fisico, psicologico, scientifico, artistico. Enjoy.

BAGAGLIO

* Platone
* Plotino 
* Agostino

STRUMENTI

* Bibbia, Genesi 
* Le ombre delle idee, Giordano Bruno
* Jorge Luis Borges, Elogio dell'ombra
* Gabriele Ghisellini, E luce fu. Il filo rosso della fisica. 

WALKMAN

Perché le gioie del più profondo affetto
O dei più lievi aneliti del cuore
Sono solo l'ombra della luce

DUALISMO ONDA-PARTICELLA

Fu il grande dilemma della Fisica di inizio '900. Il paradosso rimase tale fino all'avvento della meccanica quantistica, quando si riuscì a descrivere i due aspetti in modo coerente, specificando la modalità di manifestazione del dualismo mediante il principio di complementarità. La successiva scoperta dei limiti di tale principio ha portato a superare, a livello quantistico, i concetti di onda e particella, poiché inadatti a descrivere i sistemi fisici in tale ambito. In meccanica quantistica il principio di complementarità afferma che il duplice aspetto di alcune rappresentazioni fisiche dei fenomeni a livello atomico e subatomico non può essere osservato contemporaneamente durante lo stesso esperimento. Il principio fu enunciato da Niels Bohr al Congresso internazionale dei fisici del 1927 (tenutosi a Como in occasione del centenario della morte di Alessandro Volta), rendendo in qualche modo meno stridenti con la concezione della fisica classica, e anche con la logica, i dualismi quantistici e in particolare quello fra natura corpuscolare e ondulatoria. La luce, così come altri fenomeni atomici e subatomici, possono essere considerati sia onde sia particelle, a seconda dei tipi di esperimenti che facciamo e del modo in cui li studiamo. 

EINSTEIN

Al VI Meeting Solvay, tenuto a Bruxelles nel 1930, Einstein presentò un nuovo argomento, questa volta contro la relazione d’indeterminazione energia-tempo: 
∆E ∆t > ~. Immaginiamo una scatola a pareti perfettamente riflettenti, sospesa nel campo gravitazionale terrestre e all’interno della quale è intrappolata una certa quantità di luce che contribuisce al peso complessivo della scatola tramite la famosissima relazione E = mc2. La scatola e attaccata ad un dinamometro ed equipaggiata con una apertura azionata da un orologio. Ad un dato istante, noto con precisione arbitraria, dall’apertura emerge un singolo fotone. Noi possiamo misurare il peso della scatola con un’accuratezza arbitraria, e quindi determinare esattamente l’energia del fotone e, tramite, l’orologio stabilire precisamente l’istante della sua emissione. Tutto ciò in evidente contrasto con la relazione d’indeterminazione energia-tempo.
Quando Einstein illustrò questo argomento, Bohr non riuscì a trovare alcuna falla nel ragionamento. Per tutta la sera si aggirò nella sala dove si teneva la conferenza tentando di convincere i suoi colleghi che non poteva essere vero: se Einstein fosse stato nel giusto, sarebbe stata la fine della Fisica. Dopo una notte passata a ragionare su come controbattere, il panico di Bohr si dissolse quando si rese conto che l’orologio usato per determinare l’istante di emissione del fotone è, tramite il principio d’equivalenza, sensibile alla sua posizione nel campo gravitazionale terrestre. Nell’apparato concepito da Einstein, la forza di gravità mg agente sulla scatola è controbilanciata da quella, diretta in verso contrario, kz esercitata dalla molla. Per misurare l’energia del fotone emesso aumentiamo la massa sospesa in modo da azzerare la lancetta: il peso da aggiungere eguaglia l’energia del fotone emesso. Questa procedura comporta una misura della posizione della scatola (allineamento della lancetta solidale alla scatola con lo zero della scala graduata posta sull’asta di sostegno). Uno dei risultati fondamentali della Relatività Generale è che il ritmo di un orologio dipende dalla sua posizione in un campo gravitazionale. Per cui, una incertezza nella conoscenza della posizione della scatola si riflette in una incertezza nella durata T della misura della posizione. Bohr vince anche questo round. Questa volta, però, il successo è ancora più eclatante: ha mostrato che nel suo argomentare Einstein ha trascurato la Relatività Generale!

ESPERIMENTO DELLA DOPPIA FENDITURA

Alla fine del 1600, Newton propose che la luce fosse un flusso di particelle o corpuscoli. Ma allo stesso tempo altri fisici sostenevano che la luce fosse un'onda. Il dibattito infuriava fino a quando non fu risolto dall'esperimento della doppia fenditura di Thomas Young (1803).
Se ho una scatola vuota con due aperture, molto strette e fianco a fianco, colpite dal sole, cosa vedremo sul fondo della scatola? 
La cosa più ovvia è pensare di vedere due righe nella parte inferiore della scatola. Invece si vedranno dei punti multicolore. Se la luce si comportasse come le particelle, ti aspetteresti che attraversasse ogni fenditura e che producesse un punto luminoso, quindi vedremmo due punti luminosi sotto il fondo della scatola. Ma la luce si comporta come le onde e l'onda che passa da una fessura può interagire con le onde dell'altra fessura. Possiamo osservare il fenomeno da un piccolo stagno con le onde dell'acqua: ho due fonti di increspature, che sono fondamentalmente come le due fessure, quando creo delle increspature con una singola fonte, queste viaggiano espandendosi in modo circolare, niente di particolarmente sorprendente. Ma, se aggiungo una seconda fonte di increspature, allora inizio a ottenere uno schema interessante. L'andamento è creato dalle increspature delle due fonti che interagiscono tra loro: dove si incontrano picchi con picchi e depressioni con depressioni, l'ampiezza dell'onda aumenta, questo è ciò che chiamiamo interferenza costruttiva; se il picco di un'onda si incontra con il punto più basso dell'altra, allora abbiamo interferenze distruttive e non c'è praticamente nessuna onda lì. È il motivo per cui in riva al mare ogni sette otto onde vedete un'onda più grande che arriva. E questo è esattamente ciò che accade con la luce. Quando la luce di una fessura incontrava picchi con picchi e avvallamenti con depressioni, interferiscono in modo costruttivo e producono un punto luminoso. Ma se la depressione dall'onda di una fessura si incontra con il picco dell'onda dall'altra fenditura, interferisce in modo distruttivo, e non si vede nessuna luce. La luce che si cancella da sola.
I risultati dell'esperimento della doppia fenditura di Young sono stati così convincenti che la comunità scientifica concluse che la luce fosse un'onda, non c'è modo per cui possa essere una particella. 

NEWTON

Arriva, nel 1665, la peste nera che colpisce Londra e tutta l'Inghilterra. L'Università di Cambridge chiude per evitare gli assembramenti, per cui Newton a 23 anni torna nella casa materna a Woodstock e ci sta due anni in completa solitudine. Qui elabora le tre leggi della dinamica, la legge della gravitazione universale e gli viene la curiosità di calcolare le orbite dei pianeti. Per calcolare le orbite dei pianeti bisogna fare usare una matematica che allora non esisteva, quindi costruisce il calcolo differenziale. E non contento di ciò, studia la luce e i colori della luce. La maggior parte del tempo però si dedica all'alchimia, facendo delle cose astruse e tenendole abbastanza nascoste.
Si sapeva già che facendo passare un raggio di luce del sole attraverso un prisma, il prisma divideva a ventaglio la luce e di lì faceva nascere i colori. A quei tempi, però non si sapeva ancora che la luce bianca è l'insieme dei colori fondamentali. Si credeva che i colori fossero dati dal prisma. Newton, allora, fa passare la luce del sole attraverso un primo prisma che la divide in due colori fondamentali. Poi sceglie il colore giallo-arancione e lo fa passare attraverso un altro prisma, e in questo passaggio la luce rimane dello stesso colore. 
Conclusione: non è il prisma che dà il colore, perché se no l'avrebbe dato anche al secondo passaggio. È la luce che è l'insieme di tanti colori, la luce è in realtà fatta da tante particelle, da tanti corpuscoli, ognuno colorato in maniera differente, che sono attratti dalla superficie del prisma. Queste particelle hanno diverse velocità. Avere diversa velocità vuol dire essere deviati di più e di meno quando passano dal prisma. Ed ecco perché si vedono separate mentre finché erano tutte insieme si vedevano bianche, quando si separano si riescono a vedere tutti i colori. Durante una delle riunioni alla Royal Society Newton espone la sua teoria della luce fatta da particelle, ed è presente Robert Hooke, che invece sostiene che la luce fosse un fenomeno ondulatorio. La luce è una particella o un'onda? 

IL NUOVO METODO

Francesco Bacone, nel 1500, sostiene la necessità di fondare un nuovo sapere, avente carattere cumulativo e finalizzato al miglioramento delle condizioni di vita dell'uomo. Per far ciò, sono necessari un nuovo metodo e un programma di ricerca comuni. Il metodo muove dall'esperienza, procede in modo induttivo, attraverso l'osservazione sistematica. Si articola in cinque fasi: la raccolta dei dati nelle tavole; la formulazione delle prime ipotesi; il loro controllo mediante esperimenti; l'individuazione dei principi generali; la loro applicazione tecnologica per modificare la natura. 
Galileo Galilei è uomo dai molteplici interessi: è disegnatore, musicista e un buon osservatore. La presenza evidente di rugosità, depressioni e montagne riportate nei disegni che Galilei esegue dall'osservazione diretta della Luna tramite il telescopio dimostravano per via sperimentale che l'astro non godeva affatto della geometrica perfezione strutturale attribuitagli dall'astronomia tolemaica. Le immagini che mostrano l'evoluzione delle fasi di Venere dimostravano poi l'incompatibilità con il geocentrismo e confermavano la centralità del Sole nel sistema solare. Il metodo sperimentale è induttivo, ma rispetto a quello teorizzato da Bacone vede la centralità della matematica, nella quantificazione dei dati e nella costruzione degli esperimenti. L'esperienza come strumento iniziale (sensate esperienze) è tradotta in dati quantitativi: prime ipotesi; costruzione di esperimenti che consentano di misurare il cambiamento quantitativo delle variabili studiate in relazioni via via stabilite; rielaborazione dei risultati per arrivare alla formulazione di leggi universali, nella forma di equazioni matematiche, che spieghino le esperienze (certe dimostrazioni); ulteriori controlli e applicazioni delle leggi individuate per nuove tecnologie. 
Galileo Galilei è stato uno dei primi scienziati a studiare la luce in modo sistematico. In particolare, ha condotto importanti esperimenti sulla rifrazione e sulla diffrazione della luce, dimostrando che i raggi luminosi si piegano quando passano attraverso un mezzo di diversa densità, come un prisma o un'atmosfera. Inoltre, ha osservato le macchie solari, dimostrando che il Sole ruota su sé stesso, e ha studiato il fenomeno dell'iride dei colori nell'arcobaleno. Galileo ha anche sviluppato la sua teoria sulle leggi del moto, che alla fine avrebbe portato
ad una comprensione più approfondita del comportamento della luce. In generale, le
scoperte di Galileo sulla luce hanno contribuito in modo significativo alla fisica moderna e alla comprensione della natura della luce stessa. Galileo non era in grado di misurare direttamente la velocità della luce, poiché all'epoca non c'era tecnologia sufficiente per farlo. Tuttavia, Galileo ha tentato di stimare la velocità della luce indirettamente attraverso una serie di esperimenti.
Uno dei suoi esperimenti più famosi prevedeva l'uso di una lanterna e di un paio di specchi, che avrebbe dovuto utilizzare per misurare il tempo di percorrenza della luce. L'idea era quella di posizionare due persone a una distanza di diverse miglia tra loro e di far lampeggiare una lanterna. Quando la prima persona vedeva la lanterna accendersi, avrebbe dovuto accendere la sua lanterna per segnalare che aveva visto la luce. La seconda persona, situata a una distanza maggiore, avrebbe dovuto fare lo stesso. Galileo avrebbe quindi misurato il tempo trascorso tra il momento in cui accendeva la sua lanterna e il momento in cui riceveva il segnale dalla seconda persona. Con questa misura, avrebbe cercato di stimare la velocità della luce. Tuttavia, questo esperimento non era sufficientemente preciso per determinare con precisione la velocità della luce e Galileo non fu in grado di raggiungere alcuna conclusione definitiva sulla velocità della luce durante la sua vita.

CARAVAGGIO

Giordano Bruno, fermo nelle sue idee, affrontò la feroce morte al rogo. Da documenti d'epoca, sappiamo che all'esecuzione di Bruno erano presenti Orazio Gentileschi e Caravaggio. Il Maestro della luce, che non è un fisico ma un pittore, per primo ha usato la luce come protagonista nei suoi quadri. Ha scolpito i visi, le mani, l'espressione, le immagini con la luce. Mentre gli altri dipingevano paesaggi, lui usava i riflettori per illuminare la sua scena come un regista moderno. Imposta i suoi dipinti sulla luce - quasi sempre un fascio diagonale che taglia la scena - facendo emergere persone e oggetti da uno sfondo sempre più indifferenziato, dall’ombra, costruendo a partire dagli scuri verso i toni chiari e non viceversa. 

GIORDANO BRUNO

"Io vorrei che tu ti ricordassi anche di tenere distinta l'ombra dalla proprietà delle tenebre. Infatti l'ombra non è tenebre, ma o traccia delle tenebre nella luce o traccia della luce nelle tenebre o partecipe della luce e delle tenebre o un composto di luce e di tenebre o un miscuglio di luce e di tenebre o nessuna delle due cose, separata dalla luce, dalle tenebre e da entrambe. E questo deriva o dal fatto che la verità non sia piena di luce o perché sia una luce falsa, oppure perché non sia né vera né falsa, ma traccia di ciò che è veramente o falsamente, eccetera. Perciò si tenga presente che l'ombra è traccia di luce, partecipe di luce, ma non piena luce". De umbris idearum
Le ombre sono l’unico modo in cui l’uomo può essere raggiunto dalla luce. Sono messaggere dell’impalpabile, dell’invisibile, dello sconosciuto. Sono tracce dell'irraggiungibile, di quello che non c’è e di cui pure, misteriosamente, si avverte la mancanza. La luce è “forza vitale indivisibile” che permea il tutto e non è soggetta “all’azione del luogo e del tempo”. La luce è identificata dal filosofo con l’anima del mondo. Perciò l’atomo di luce non è una porzione di materia, ma il principio che definisce la quantità, la misura, la sostanza ultima di cui è composta la materia. Questa luce è divina ed è il principio primo della realtà. La luce divina è una sostanza assoluta. È l’eterno principio vitale senza il quale non ci sarebbe nulla.  È soprattutto il punto d’incontro tra Dio e l’uomo, tra Dio e la natura. Solo tramite questi atomi luminosi, ciascuno dei quali è centro e circonferenza del cosmo perché tutto lo contengono, l’uomo può risalire al divino, solo conoscendo le strutture della realtà ci si può elevare a Dio.

LA CITTA’ DEL SOLE

Ordinamenti ineccepibili, governanti illuminati, scienza al servizio dell’umanità, religione che rispetti l’ordine dell’Universo, questa era l’utopia raccontata, nella sua opera più famosa La Città del Sole, dal domenicano frate Tommaso Campanella, nato a Stilo nel 1568 e morto a Parigi nel 1639. Nelle tenebre di un secolo segnato dalla pestilenza, dalle dominazioni e dall’oscurantismo dell’Inquisizione, egli cercò la luce di una città sognata e anelata e, in questo desiderio ardente, riscattò una vita tramortita dal rischio di una condanna a morte, che riuscì ad evitare resistendo alle terribili torture, segnata da 27 anni di carcere e cinque processi ed, al contempo, elevata dal suo spirito e dalla sua operosità intellettuale. Scrisse tante opere nonostante la persecuzione. La prigionia, infatti, lo salvò dal rogo ma non dalle sue aspirazioni di libertà, dall’innata e insopprimibile tensione verso l’ideale e la speranza. Un uomo di luce, come Galileo Galilei e Giordano Bruno, entrambi condannati dalla Chiesa per eresia, il primo penitente ma solo per proseguire i suoi studi sulla Terra e i Pianeti, come attestato dalla storica affermazione dopo l’abiura “Eppur si muove”, e il secondo arso vivo in Campo dei Fiori a Roma per non avere rinnegato le proprie idee.
Libertà dalla corruzione e dall’ingiustizia e contrasto delle eresie, questi i fondamenti del cambiamento auspicato da Tommaso Campanella.
La città, a forma circolare, sorge su un colle. É inespugnabile, perché è circondata da un muro che si restringe a spirale in prossimità del tempio. Il muro è formato da sette gironi, che prendono il nome dei sette pianeti.                                                                                        I cittadini, i Solari, lavorano per il benessere comune. Ogni individuo lavora quattro ore al giorno, in modo così efficiente che non servono neanche gli schiavi. Il resto delle ore le trascorrono studiando tramite attività ricreative, a camminare, a leggere, tutto sempre con gioia e senza mai stare seduti. I solari sono amici tra loro in modo del tutto sincero, perché non ci sono interessi personali e di conseguenza non esistono le amicizie dovute a questi interessi. Tra di loro infatti si chiamano fratelli, se sono coetanei. I giovani chiamano padri coloro che hanno più di ventidue anni e sono da loro chiamati figli. Si nota quindi il rispetto reciproco. I cittadini sono vestiti tutti uguali. Di bianco, di giorno e nella città, e di rosso, di notte e fuori dalla città. Era proibito indossare il nero, perché era sinonimo dell’ombra, e questo fatto porta i cittadini inevitabilmente a evitare la luce, cioè il sole, considerato simbolo e immagine di Dio.                                                                                                                                                                                                                                               I bambini vengono separati dalla famiglia all’età di tre anni e vengono istruiti da dei maestri, che li portano ad ammirare le mura, dove possono acquisire un sapere enciclopedico (pedagogia sensistica e delle immagini). I maestri, cercano inoltre di capire e valutare quale attività interessi di più ad ogni bambino. Le conoscenze sono basate sulle informazioni che affrescano le mura della città, perché il colmo di tutto il sapere che un cittadino deve possedere si trova lì. L’istruzione non deve essere imposta, perché ci si deve avvicinare per curiosità e non per obbligo. Proprio per questo le scuole non si svolgono al chiuso. I bambini vengono educati anche tramite il gioco, e dopo i sette anni cominciano ad andare a lezione, ad occuparsi dei pubblici servizi o a lavorare in campagna.  Le arti che tutti devono conoscere sono l’arte militare, l’agricoltura e la pastorizia.                                                                                                                                                                                                                                                                                                  A capo dello stato è il Metafisico o Sole, un Principe Sacerdote dotato di potere spirituale e temporale. Per governare deve avere più di trentacinque anni, perché deve essere il più virtuoso tra i virtuosi, e può essere sostituito soltanto se gli si presenta qualcuno ancora più saggio di lui.                                                                        Il Principe Sacerdote è affiancato da tre magistrati, che sono Pon, Sin e Mor. Pon è il ministro della guerra e si occupa di tutto ciò che ha a che fare con la vita militare, la pace e la guerra. Sin invece è il ministro della sapienza e si occupa di tutte le discipline. La sapienza è conservata nelle mura. Mor infine è il magistrato della more. É l’addetto alla sorveglianza dell’eugenetica, ovvero eu (migliore) e genetica (razza), e quindi deve controllare la popolazione e assicurarsi che il numero degli individui sia sempre lo stesso. Si occupa anche dell’educazione, della sanità, dell’alimentazione e di tutto quello che concerne l’abbigliamento e  l’unione tra i sessi. Tutte le decisioni però vanno prima approvate dal Metafisico. 

FILOSOFIA CRISTIANA

La metafora che fa della conoscenza la luce dello spirito, contro il buio dell'ignoranza, è da sempre presente nella cultura occidentale. Il termine illuminazione è stato spesso utilizzato per indicare il fenomeno conoscitivo dell'intuizione. In Agostino serve a dar conto della stessa possibilità di apprendere: tutta la conoscenza deriva infatti da illuminazioni interiori. Tale approccio gnoseologico trova un campo ottimale di applicazione nelle forme di sapere che paiono avere di per sé un'origine intuitiva, come la logica, la matematica e la geometria. Ma è comunque valido anche per i saperi come la fisica e le scienze della natura, in cui l'esperienza sembra ricoprire un ruolo preponderante. I dati che provengono dalle percezioni del mondo esterno, possono essere elaborati e concettualizzati soltanto grazie a categorie interpretative presenti nella nostra mente, rese disponibili da Dio per via illuminativa. I concetti non si trovano in natura, sono all'interno dell'anima di ciascun uomo e provengono da Dio. 
Dalla constatazione che il primo atto divino è la creazione della luce, Grossatesta conclude che la luce costituisce la componente strutturale essenziale di ogni essere fisico, animato e inanimato: pur non essendo corporea in se stessa, unendosi alla materia essa genera i corpi. Questa metafisica della luce è molto influente nella cultura medievale. La luce che filtra da vetrate colorate, riccamente decorate e di grandi dimensioni, diventa così il fondamento espressivo nell'architettura della cattedrali gotiche del XIII e XIV secolo.     

NEOPLATONISMO

In una celebre similitudine, destinata a essere ripresa innumerevoli volte nella storia della filosofia, Plotino spiega il concetto dell'irrealtà della materia paragonando quest'ultima al buio. Usiamo abitualmente due parole distinte, luce e buio, come se ad esse corrispondessero due diversi fenomeni, mentre in realtà solo uno di essi esiste realmente, mentre l'altro può essere definito esclusivamente in termini di mancanza del primo. 

IL TESTO

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