Dopo il primo incontro del Club,
da buona “lumaca” ho cercato il momento perfetto
per scrivere delle mie impressioni; eppure,
ogni qualvolta mi sono seduta per cominciare,
le parole mi sfuggivano come l’ aria tra le dita.
Con una certa ostinazione ho rimasticato
quelle inframmezzate dalle sensazioni
familiari e ancora poco chiare,
finché - verosimilmente - quel momento è giunto…
Proprio quando ho smesso di cercarlo.
Il nome del Club della bava di Sisifo,
in un connubio di proposte audaci,
ha trovato la sua identità quasi naturalmente:
come se Sisifo avesse sempre avuto
- piuttosto che un masso -
una chiocciola da trasportare
e una traccia di bava irripetibile da lasciare
in mezzo alla storia umana,
dove vince chi sa muoversi più lentamente.
In un avvicendarsi di sguardi sconosciuti,
eppure complici, tutto è parso chiaro:
nomen omen.
- Eccoci! Con la nostra responsabilità,
questa fatica umana, nella lenta corsa
verso il futuro o nel mistero della memoria;
noi che siamo l’unico segreto di ogni nostra traccia.
Ma perché un nome non è solo un nome?
Perché ci sta tanto a cuore questa identità?
Una risposta io credo di intravederla nelle scie
che scegliamo di seguire e quelle in cui proviamo
a rivederci, come nella prima sbavatura umoristica
di David Foster Wallace, accolta come lettura del mese:
“Una cosa divertente che non farò mai più”.
E infatti, pensando alle sbavature dei grandi nomi
(passati o contemporanei), l’altro pensiero
che mi è sovvenuto è stato quello di immaginarci
come una costellazione.
Quando guardiamo in alto, le stelle ci sembrano
posizionate tutte sullo stesso piano,
su un' unica tavola piatta e scura.
Insomma, come nei giochi della settimana enigmistica!
Ma quei puntini luminosi, invero,
sono così tanto distanti tra loro nello spazio
e nel tempo che alcuni di essi sono addirittura fantasmi.
Mi dico, allora: forse è questo che dobbiamo fare;
riconoscerci in questo progetto.
Siamo persone distanti nello spazio e nel tempo,
con una diversa storia alle spalle,
un’unicità segnata nel tempo…
E ci affidiamo, una volta al mese,
alle stelle e ai fantasmi di cui ancora abbiamo traccia,
di cui leggiamo l’eredità.