
di Flavia Bassi
Dopo il primo incontro del Club, da buona “lumaca” ho cercato il momento perfetto per scrivere delle mie impressioni; eppure, ogni qualvolta mi sono seduta per cominciare, le parole mi sfuggivano come l’ aria tra le dita. Con una certa ostinazione ho rimasticato quelle inframmezzate dalle sensazioni familiari e ancora poco chiare, finché - verosimilmente - quel momento è giunto… Proprio quando ho smesso di cercarlo. Il nome del Club della bava di Sisifo, in un connubio di proposte audaci, ha trovato la sua identità quasi naturalmente: come se Sisifo avesse sempre avuto - piuttosto che un masso - una chiocciola da trasportare e una traccia di bava irripetibile da lasciare in mezzo alla storia umana, dove vince chi sa muoversi più lentamente. In un avvicendarsi di sguardi sconosciuti, eppure complici, tutto è parso chiaro: nomen omen. - Eccoci! Con la nostra responsabilità, questa fatica umana, nella lenta corsa verso il futuro o nel mistero della memoria; noi che siamo l’unico segreto di ogni nostra traccia. Ma perché un nome non è solo un nome? Perché ci sta tanto a cuore questa identità? Una risposta io credo di intravederla nelle scie che scegliamo di seguire e quelle in cui proviamo a rivederci, come nella prima sbavatura umoristica di David Foster Wallace, accolta come lettura del mese: “Una cosa divertente che non farò mai più”. E infatti, pensando alle sbavature dei grandi nomi (passati o contemporanei), l’altro pensiero che mi è sovvenuto è stato quello di immaginarci come una costellazione. Quando guardiamo in alto, le stelle ci sembrano posizionate tutte sullo stesso piano, su un' unica tavola piatta e scura. Insomma, come nei giochi della settimana enigmistica! Ma quei puntini luminosi, invero, sono così tanto distanti tra loro nello spazio e nel tempo che alcuni di essi sono addirittura fantasmi. Mi dico, allora: forse è questo che dobbiamo fare; riconoscerci in questo progetto. Siamo persone distanti nello spazio e nel tempo, con una diversa storia alle spalle, un’unicità segnata nel tempo… E ci affidiamo, una volta al mese, alle stelle e ai fantasmi di cui ancora abbiamo traccia, di cui leggiamo l’eredità.