tempo, memoria e oblio

... l’indugiare contemplativo concede tempo, amplia l’essere, che è più di un essere-attivo. La vita guadagna tempo e spazio, durata e ampiezza, quando recupera questa capacità contemplativa ... 
Byung-Chul Han
Salvador Dalì, La Persistenza della Memoria

INTRODUZIONE

La nostra epoca sta pericolosamente trascurando il nostro bene più prezioso, il tempo, appiattendolo sul presente con l’effetto di sminuirlo a mera attualità, e obliando così le sue altre dimensioni, il passato in primis, visto come qualcosa di non più “agente” (come se non esistesse più, o addirittura non fosse mai esistito) e quindi poco interessante. Il tempo ha perso il suo valore, il suo profumo, la sua durata. È frammentato, accelerato, mera accumulazione e analisi di dati, slegato da una narrazione temporale che possa infine portare a una sintesi, una tessitura e quindi al senso di un percorso. Per la mancanza di tensione narrativa – scrive Byung-Chul Han – il tempo atomizzato non può trattenere a lungo l’attenzione e per questo la percezione viene alimentata sempre con qualcosa di nuovo e radicale. Il tempo puntuale non concede alcun indugiare contemplativo. Unico nostro scopo, in tutti gli ambiti della vita, è ormai quello di eliminare l’intervallo, interpretato come noiosa sospensione, perché priva di senso e significato, in favore dell’azione. Non sappiamo più indugiare, ovvero fare l’esperienza della durata, rallentare l'affanno e assaporare l’esistenza (Proust: cristalli d'identità). Come sfuggire all’unica imperante dimensione – quella dell’animal laborans – in cui ormai ci ha costretto questa società attiva? Han risponde: la democratizzazione del lavoro dovrebbe essere […] seguita da una democratizzazione dell’otium, perché la prima non degeneri in schiavitù di tutti. Il presente è lo zero che non conta ma racconta, quell'intervallo fondamento dell'arte, della musica, del ritmo persino del respiro. 
Da prospettive diverse – la scienza della cultura e la gravità quantistica – il fisico teorico Carlo Rovelli, affronta il tema del tempo. Ne L’ordine del tempo (da una frase del filosofo Anassimandro) un capitolo è intitolato Il profumo della Madeleine, con riferimento al dolcetto che, immerso nel tè ai fiori di tiglio, riporta il narratore della Ricerca del tempo perduto di Marcel Proust nel mondo immenso del suo passato. 
Il profumo dunque, in rapporto con il tempo. L’olfatto come veicolo di un viaggio nella memoria che schiude alla coscienza “vasti territori” (Rovelli) e “ampi spazi di tempo” (Han). L’episodio narrato da Proust, inoltre, è l’occasione per indagare la potenza iconica e narrativa dell’olfatto, immaginando che una società dominata dai profumi – a differenza della società dominata dalle immagini e dalle misurazioni discrete del tempo – si nutrirebbe “del ricordo, della memoria, della lentezza e della permanenza”.

BAGAGLIO

* Il vuoto
* Anassimandro
* Agostino
* Hegel
* Essere e tempo di Heidegger
* Alla ricerca del tempo perduto di Marcel Proust
* La grande storia del tempo di Stephen Hawking

STRUMENTI

* Il profumo del tempo di Byung-Chul Han
* Time: the Familiar Stranger di T. Fraser, fondatore nel 1966 dell’International Society for the Study of Time
* Bergson
* Nietzsche
* Mappe di sintesi

DESCRIZIONE

Vitaly Komar, Landscape with quroboros

WALKMAN

But the fool on the hill / sees the sun going down, / and the eyes in his head / see the world spinning round...

IL TESTO

L’ETERNA CLESSIDRA

(…) Che accadrebbe se, un giorno o una notte, un demone strisciasse furtivo nella più solitaria delle tue solitudini e ti dicesse: “Questa vita, come tu ora la vivi e l’hai vissuta, dovrai viverla ancora una volta e ancora innumerevoli volte, e non ci sarà in essa mai niente di nuovo, ma ogni dolore e ogni piacere e ogni pensiero e sospiro, e ogni indicibilmente piccola e grande cosa della tua vita dovrà fare ritorno a te, e tutte nella stessa sequenza e successione – e così pure questo ragno e questo lume di luna tra i rami e così pure questo attimo e io stesso. L’eterna clessidra dell’esistenza viene sempre di nuovo capovolta e tu con essa, granello di polvere!”. Non ti rovesceresti a terra, digrignando i denti e maledicendo il demone che così ha parlato? Oppure hai forse vissuto una volta un attimo immenso, in cui questa sarebbe stata la tua risposta: “Tu sei un dio e mai intesi cosa più divina”?
Se quel pensiero ti prendesse in suo potere, a te, quale sei ora, farebbe subire una metamorfosi, e forse ti stritolerebbe; la domanda per qualsiasi cosa: “Vuoi tu questo ancora una volta e ancora innumerevoli volte?” graverebbe sul tuo agire come il peso più grande!
Oppure, quanto dovresti amare te stesso e la vita, per non desiderare più alcun’altra cosa che questa ultima eterna sanzione, questo suggello? 
Nietzsche, La gaia scienza

LA VISIONE E L’ENIGMA

A voi, temerari della ricerca e del tentativo, e a chiunque si sia mai imbarcato con ingegnose vele su mari terribili, a voi, ebbri di enigmi e lieti alla luce del crepuscolo, a voi, le cui anime suoni di flauto inducono a perdersi in baratri labirintici:
giacché voi non volete con mano codarda seguir tentoni un filo; e dove siete in grado di indovinare vi è in odio il dedurre a voi soli racconterò l'enigma che io vidi, la visione del più solitario tra gli uomini.
Cupamente andavo, or non è molto, nel crepuscolo livido di morte, cupo, duro, le labbra serrate. Non soltanto un sole mi era tramontato. Un sentiero, in salita dispettosa tra sfasciume di pietre, maligno, solitario, cui, non si addicevano più né erbe né cespugli: un sentiero di montagna digrignava sotto il dispetto del mio piede. Muto, incedendo sul ghignante crepitio della ghiaia, calpestando il pietrisco, che lo faceva sdrucciolare: così il mio piede si faceva strada verso l'alto. Verso l'alto: a dispetto dello spirito che lo traeva in basso, in basso verso abissi, lo spirito di gravità, il mio demonio e nemico capitale.
Verso l'alto: sebbene fosse seduto su di me, metà nano; metà talpa; storpio; storpiante; gocciante piombo nel cavo del mio orecchio, pensieri-gocce-di-piombo nel mio cervello.
"O Zarathustra, sussurrava beffardamente sillabando le parole, tu, pietra filosofale! Hai scagliato te stesso in alto, ma qualsiasi pietra scagliata deve cadere! O Zarathustra, pietra filosofale, pietra lanciata da fionda, tu che frantumi le stelle! Hai scagliato te stesso così in alto, ma ogni pietra scagliata deve cadere! Condannato a te stesso, alla lapidazione di te stesso: o Zarathustra, è vero: tu scagliasti la pietra lontano, - ma essa ricadrà su di te!".
Qui il nano tacque; e ciò durò a lungo. Il suo tacere però mi opprimeva; e l'essere in due in questo modo è in verità, più solitudine che l'essere solo! Salivo, salivo, sognavo, pensavo: ma tutto mi opprimeva. Ero come un malato: stremato dal suo tormento atroce, sta per dormire, ma un sogno, più atroce ancora, lo ridesta. Ma c'è qualcosa che io chiamo coraggio: questo finora ha sempre ammazzato per me ogni scoramento. Questo coraggio mi impose alfine di fermarmi e dire: "Nano! O tu! O io!". Coraggio è infatti la mazza più micidiale, coraggio che assalti: in ogni assalto infatti è squilla di fanfare. Ma l'uomo è l'animale più coraggioso: perciò egli ha superato tutti gli altri animali. Allo squillar di fanfare egli ha superato anche tutte le sofferenze; la sofferenza dell'uomo è però, la più profonda di tutte le sofferenze. Il coraggio ammazza anche la vertigine in prossimità degli abissi: e dove mai l'uomo non si trova vicino ad abissi! Non è la vista già di per sé un vedere abissi? Coraggio è la mazza più micidiale: il coraggio ammazza anche la compassione. Ma la compassione è l'abisso più fondo: quanto l'uomo affonda la sua vista nella vita, altrettanto l'affonda nel dolore. Coraggio è però la mazza più micidiale, coraggio che assalti esso ammazza anche la morte, perché dice: "Questo fu la vita? Orsù! Da capo!"
Ma in queste parole sono molte squillanti fanfare. Chi ha orecchi, intenda.
"Alt, nano! dissi. O io! O tu! Ma di noi due il più forte sono io: tu non conosci il mio pensiero abissale! Questo tu non potresti sopportarlo!". 
Qui avvenne qualcosa che mi rese più leggero: il nano infatti mi saltò giù dalle spalle, incuriosito! Si accoccolò davanti a me, su di un sasso. Ma, proprio dove ci eravamo fermati, era una porta carraia. "Guarda questa porta carraia! Nano! continuai: essa ha due volti. Due sentieri convengono qui: nessuno li ha mai percorsi fino alla fine. Questa lunga via fino alla porta e all'indietro: dura un'eternità. E quella lunga via fuori della porta e avanti è un'altra eternità. Si contraddicono a vicenda, questi sentieri; sbattono la testa l'un contro l'altro: e qui, a questa porta carraia, essi convengono. In alto sta scritto il nome della porta: "attimo". Ma, chi ne percorresse uno dei due sempre più avanti e sempre più lontano: credi tu, nano, che questi sentieri si contraddicano in eterno?". 
"Tutte le cose diritte mentono, borbottò sprezzante il nano. Ogni verità è ricurva, il tempo stesso è un circolo". 
"Tu, spirito di gravità! dissi lo incollerito non prendere la cosa troppo alla leggera! O ti lascio accovacciato dove ti trovi, sciancato - e sono io che ti ho portato in alto! Guarda, continuai, questo attimo! Da questa porta carraia che si chiama attimo, comincia all'indietro una via lunga, eterna: dietro di noi è un'eternità. Ognuna delle cose che possono camminare, non dovrà forse avere già percorso una volta questa via? Non dovrà ognuna delle cose che possono accadere, già essere accaduta, fatta, trascorsa una volta? E se tutto è già esistito: che pensi, o nano, di questo attimo? Non deve anche questa porta carraia esserci già stata? E tutte le cose non sono forse annodate saldamente l'una all'altra, in modo tale che questo attimo trae dietro di sé tutte le cose avvenire? Dunque anche se stesso?
Infatti, ognuna delle cose che possono camminare: anche in questa lunga via al di fuori - deve camminare ancora una volta!
E questo ragno che indugia strisciando al chiaro di luna, e persino questo chiaro di luna e io e tu bisbiglianti a questa porta, di cose eterne bisbiglianti - non dobbiamo tutti esserci stati un'altra volta? - e ritornare a camminare in quell'altra via al di fuori, davanti a noi, in questa lunga orrida via - non dobbiamo ritornare in eterno?".- 
Nietzsche, Così parlò Zarathustra

IL SERPENTE

E, davvero, ciò che vidi, non l'avevo mai visto. Vidi un giovane pastore rotolarsi, soffocato, convulso, stravolto in viso, cui un greve serpente nero penzolava dalla bocca.
Avevo mai visto tanto schifo e livido raccapriccio dipinto su di un volto? Forse, mentre dormiva, il serpente gli era strisciato dentro le fauci e - lì si era abbarbicato mordendo.
La mia mano tirò con forza il serpente, tirava e tirava - invano! non riusciva a strappare il serpente dalle fauci. Allora un grido mi sfuggì dalla bocca: "Mordi! Mordi! Staccagli il capo! Mordi!", così gridò da dentro di me: il mio orrore, il mio odio, il mio schifo, la mia pietà, tutto quanto in me - buono o cattivo - gridava da dentro di me, fuso in un sol grido.-
Voi, uomini arditi che mi circondate! Voi, dediti alla ricerca e al tentativo, e chiunque tra di voi si sia mai imbarcato con vele ingegnose per mari inesplorati! Voi che amate gli enigmi!
Sciogliete dunque l'enigma che io allora contemplai, interpretatemi la visione del più solitario tra gli uomini!
Giacché era una visione e una previsione: - che cosa vidi allora per similitudine? E chi è colui che un giorno non potrà non venire?
Chi è il pastore, cui il serpente strisciò in tal modo entro le fauci? Chi è l'uomo, cui le più grevi e le più nere fra le cose strisceranno nelle fauci?
- Il pastore, poi, morse così come gli consigliava il mio grido: e morse bene! Lontano da sé sputò la testa del serpente -; e balzò in piedi.-
Non più pastore, non più uomo, - un trasformato, un circonfuso di luce, che rideva! Mai prima al mondo aveva riso un uomo, come lui rise!
Oh, fratelli, udii un riso che non era di uomo, - e ora mi consuma una sete, un desiderio nostalgico, che mai si placa.
La nostalgia di questo riso mi consuma: come sopporto di vivere ancora! Come sopporterei di morire ora! - Così parlò Zarathustra.

IL SAPORE DELLA MADELEINE

ATTIVITA’

L'orologio a incenso (香鐘, 香钟 orologio della fragranza 香印 sigilli di profumo) è un dispositivo cinese di misurazione del tempo apparso durante la dinastia Song (960-1279). 
Così scrive Han: L’incenso come mezzo di misurazione del tempo, si differenza sotto molti aspetti dall’acqua o dalla sabbia. Il tempo che profuma non scorre o passa. E nulla si svuota. Il profumo dell’incenso riempie piuttosto lo spazio, anzi spazializza il tempo, conferendogli in tal modo la parvenza di una durata. La brace trasforma in continuazione l’incenso, ma la cenere non si riduce in polvere, conservando la forma del tratto scritto. In questo modo il sigillo di incenso, ridotto in cenere non perde nulla del suo significato. La caducità, cui la brace cha avanza senza sosta probabilmente rimanda lascia al posto alla sensazione di una durata. Si tratta di manufatti raffinati, composti di un recipiente dove viene fatto bruciare l’incenso che si consuma nella forma di un sigillo, composto di uno o più segni che formano una parola o un detto. 
Mentre il profumo riempie lo spazio, l’incenso si trasforma in cenere che a sua volta prende la forma del segno scritto nel sigillo, in un processo che allude al fluire e al trasformarsi. Il profumo “spazializza il tempo, conferendogli in tal modo la parvenza della durata”. Tramite questi orologi il tempo occupa gli spazi e li definisce, induce una serena contemplazione condotta in una successione di aromi, che riposano in se stessi in un mondo divenuto esso stesso profumato. 
Crea il tuo orologio a incenso: Accendo il mio bastoncino d'incenso. Mi fermo e non faccio nulla. Non succede nulla. Non penso  nulla. Ascolto lo scorrere del tempo. Osservo la cenere caduta. Respiro il profumo del vuoto. 

IL FILM

Interstellar, film di fantascienza diretto da Christopher Nolan e uscito nel 2014, è ambientato in un futuro non troppo lontano, in cui aria e cibo scarseggiano e il genere umano è destinato all'estinzione nel giro di poche generazioni. Una possibile alternativa a questo drammatico destino sembra poter arrivare dalla NASA: alcuni scienziati hanno trovato un'altra galassia con tre pianeti potenzialmente abitabili, sui quali si potrebbe trasferire l'umanità una volta evacuata la Terra. A capo della missione diretta a perlustrare e a selezionare il pianeta più adatto alla sopravvivenza dell'uomo viene posto Cooper, un ingegnere ed ex pilota della NASA, ormai dedito, suo malgrado, all'agricoltura.
Cooper si convince a partire e a lasciare due figli ancora piccoli soltanto perché capisce che la missione rappresenta l'unica possibilità di salvare il genere umano. E però consapevole che il viaggio comporta molti rischi e che nessuno può stabilire con certezza per quanto tempo resterà lontano dalla sua famiglia. Prima di andarsene, Cooper regala alla figlia Murphy un orologio da polso uguale al suo: 

COOPER: Uno per te, uno per me. Quando starò lassù [...], viaggiando quasi alla velocità della luce o vicino a un buco nero, il tempo cambierà per me e andrà molto più lento. Quindi quando tornerò, Murphy, li confronteremo. 
MURPHY: Il tempo sarà diverso per noi?
COOPER: Chi può dirlo? Quando sarò tornato magari avremo la stessa età.

Per tutta la durata della trama si intrecciano e si sovrappongono temporalità diverse nonostante ciò, i personaggi comunicano di continuo, in un "non-tempo" che permette ai vari eventi di svolgersi in momenti differenti eppure di essere, per certi versi, contemporanei.
In Interstellar, la dilatazione gravitazionale ipotizzata dal fisico Albert Einstein nella sua teoria della relatività - fa scorrere più lentamente il tempo nei luoghi in cui la gravità è più intensa. Alla luce di questo fenomeno, secondo alcuni esperti la possibilità di un viaggio nel futuro non sarebbe poi cosi paradossale. Al di là delle complessità scientifiche di questa teoria, è interessante sottolineare come essa implichi che il tempo non abbia realtà oggettiva, ma dipenda da un sistema di riferimento che non è più necessariamente la Terra. 
Partendo dalle tematiche proposte da Interstellar, metteremo a confronto le teorie sul tempo di Bergson, Husserl e Heidegger, con l'obiettivo di rispondere alle seguenti domande: 
* Il tempo è una grandezza fisica e oggettiva, misurabile dal movimento delle lancette dell'orologio, oppure è un'esperienza psicologica e soggettiva? 
* Quale dimensione temporale (passato, presente, futuro) caratterizza l'esistenza dell'uomo nella sua autenticità? 
* Il tempo scorre per tutti allo stesso modo?
«Per quanto tempo è per sempre?» chiede Alice «A volte, solo un secondo»
risponde il Coniglio Bianco. In Alice, Carroll propone un tempo personificato e in grado di bloccarsi, condannando il Cappellaio Matto e la Lepre di Marzo a vivere sempre e solo l’ora del tè. L’orologio del Cappellaio segna il tempo oggettivo e per questo, essendo bloccati all’ora del tè, i due compari non vedono muoversi le lancette del cipollone. Nonostante il tempo sia fermo, il Cappellaio e la Lepre continuano ad agire, parlare e bere il tè, e dimostrano così di vivere in un tempo soggettivo, estraneo al tempo oggettivo segnato dall’orologio, rinchiudendosi in una pantomima senza via d’uscita.

TIMELINE

Nel mondo di noi comuni mortali il tempo è come un tiranno che scandisce i ritmi delle nostre giornate, un coniglio bianco smemorato e frettoloso che continuiamo a rincorrere con la lingua penzoloni. Ma per gli scienziati e per gli esperti della fisica moderna, il tempo è soltanto una variabile tra le tante, nemmeno così importante per descrivere la natura fondamentale dell’universo.

DEVIAZIONI

La disarticolazione dell’ordine cronologico nel romanzo è presente anche in un altro autore, Italo Svevo, che ne La coscienza di Zeno sottopone il tempo a un trattamento nuovo rispetto all’ordinaria successione cronologico-causale, tipica del romanzo ottocentesco.
Il libro è autobiografico e narra di un ricco commerciante triestino che, giunto alla soglia dei sessant’anni, si rivolge indietro nel passato e fa una disamina della sua vita. Ripercorre con la memoria gli ultimi 25 anni della sua esistenza, densa di eventi importanti: il matrimonio con Augusta, l’attività nella ditta del cognato Guido, il suicidio di quest’ultimo, la sua condizione sotto la tutela di un amministratore. Nel romanzo vi è un continuo passaggio tra presente e passato, il narratore legge e sente il presente, filtrandolo attraverso il passato in una frequente contaminazione.
Nel capitolo relativo alla morte del padre si trovano già annunciati elementi che riguardano il matrimonio; la tecnica dell’anticipazione viene adottata dal romanziere per preparare il lettore ad una scena futura, che avrà luogo quando apparirà un nuovo personaggio. E’ il caso di Guido, ma non solo; nel capitolo del matrimonio di Zeno viene inserita come anticipazione la digressione sulla morte del suocero.
Proprio come nella filosofia di Bergson, il tempo diviene una dimensione puramente legata al soggetto, per cui vengono alterati i rapporti tra la durata oggettiva degli eventi e la durata della narrazione. I fatti sono accelerati o decelerati a seconda del valore qualitativo che attribuisce loro la coscienza. Un avvenimento piccolissimo o banale, filtrato attraverso tutto ciò che passa nella coscienza degli individui in ogni istante, è in grado di dare vita a ricordi e ad assembramenti di idee che possono protrarsi per svariate pagine.

NOTE A MARGINE

Se vuoi approfondire il punto di vista della scienza in un altro articolo, il fisico Carlo Rovelli arriva al tema del profumo nella terza parte nel suo libro L'ordine del tempo. Durante la sua trattazione smonta una a una le qualità del tempo così come ci sono arrivate dalla fisica classica per arrivare a una concezione emozionale del tempo. 

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