the teaching: helping profession

burn out teacherBurn out. Ovvero bruciato, consumato, stremato. Una sindrome che colpisce di solito chi esercita professioni di aiuto e di assistenza agli altri: medici, infermieri oppure vigili del fuoco. Ma tra i burn out ai primi posti della classifica dei più logorati ci sono gli insegnanti.

Woody Allen – Io E Annie –

Il popolo dei docenti è stremato da un lavoro relegato agli ultimi posti nella gerarchia sociale: quella del docente è una helping profession psicofisicamente usurante che li porta ad essere i più esposti di tutti al rischio suicidio ed a patologia psichiatrica. Vittorio Lodolo D’Oria

Lo studio del Conbs che ha esaminato le diagnosi formulate dai Collegi Medici per determinare l’inidoneità all’insegnamento per motivi di salute dimostra che l’inidoneità degli insegnanti è causata da patologie psichiatriche in oltre il 60% dei casi (il 70% delle quali
appartengono all’area ansioso-depressiva), mentre le “disfonie” sono appena il 13% (5 volte di meno). Ne consegue che debbono essere ritenute patologie professionali dei docenti anche e soprattutto le patologie psichiatriche, per poi muoversi di conseguenza con piani di prevenzione e cura nel rispetto del dettato normativo sulla tutela della salute dei lavoratori (art.27 D.L. 81/08).

Lesson of the Evil (Aku no kyôten) theatrical trailer – Takashi Miike

A partire dal 2000, la professione di docente è classificata come lavoro usurante dal’INPS per:

  • il tasso di suicidi fra i dieci e i 20 anni di servizio;
  • l’elevata percentuale di persone che improvvisamente si trovano affette da depressione, nevrosi o a dover assumere psicofarmaci;
  • la frequenza di tumori a seguito delle immunodepressioni, che seguono ansia e stress, e lasciano aperte le porte a malattie e infezioni.

Nel Regno Unito quella dell’insegnante è tra le categorie considerate helping profession, vale a dire esposte a ri­schi professionali che posso­no sfociare in patologie con un’usura psicofisica.

Ecce Bombo” di Nanni Moretti – 1978

Mettendo a confronto le due diagnosi più numerose si vede che le disfonie (riconosciute come causa di servizio) rappresentano solo il 17% mentre le psichiatriche, pur non riconosciute come malattia professionale, raggiungono una percentuale dell’83%. Se si scorpora il gruppo di docenti con diagnosi psichiatriche e lo si confronta con quello costituito da tutti i rimanenti insegnanti con patologie non psichiatriche, si nota che i dati anagrafici e lavorativi dei due gruppi sono praticamente sovrapponibili. Infatti i primi presentano un’età media di 55 anni con un’anzianità di 29, di cui 19 trascorsi in cattedra e 10 in altre mansioni. I secondi hanno un’età media di 54 anni con un’anzianità di servizio di 30, di cui 19 trascorsi in cattedra e 11 in altre mansioni. Se poi confrontiamo il gruppo degli “psichiatrici” con quello dei “disfonici”, ci accorgiamo ancora una volta che le differenze sono minime. Questi ultimi presentano infatti un’età media lievemente superiore (56,6 anni) e una anzianità di servizio di 31 anni, di cui 20,6 trascorsa in cattedra e 10,4 utilizzati in altre mansioni.

Bad Teacher

Su un milione di insegnanti, Lodolo D’Oria calcola che vi sarebbero almeno 24.000 psicotici e 120.000 depressi. Per non parlare delle altre malattie mentali, disturbi dell’adattamento, disturbi di personalità e altri.

Detachment: Il distacco

Le cause sono molteplici e complesse. Il fenomeno si è ingigantito negli anni sia per effetto della globalizzazione – pensiamo alla presenza in classe di studenti di etnie diverse, e al conseguente disorientamento dell’insegnante – sia per il drastico abbattimento del ruolo familiare, legato ad una crisi profonda che ha interessato tutta l’educazione. Fattori che hanno portato a concepire la scuola un po’ come parcheggio e un po’ come cestino dei rifiuti. A questo ha fatto da pendant la scarsissima considerazione sociale dell’insegnante in quanto tale: i docenti guadagnano poco e dunque valgono poco.

Film francese del 1964, Les amitiés particulières, diretto da Jean Delannoy , tratto dal romanzo di Roger Peyrefitte, coraggiosissimo per l’audacia e nel contempo delicatezza dei temi trattati.

Il vero problema non è però quello della quantità sempre maggiore di disagi psicologici, che secondo l’esperto troverebbe terreno fertile proprio tra i docenti perché per tutta la vita lavorativa relegati ad un lavoro di routine e a contatto con problematiche relazionali enormi: l’esperto punta piuttosto l’indice contro il nostro sistema scolastico, la cui organizzazione presenterebbe grossi limiti proprio nella gestione di questi casi. I pochi casi, evidentemente più eclatanti, segnalati dai presidi al Miur e presso gli Uffici scolastici regionali o provinciali giacciono quasi sempre presso “gli uffici contenziosi. Quando il disagio, e il danno procurato alla classe, viene accertato al massimo si giunge ad adottare la formula del “trasferimento per incompatibilità ambientale”. In pratica il docente viene dichiarato non adatto ad insegnare, ma solo nell’ultima scuola in servizio. E viene inviato d’ufficio, anche con la formula immediata, in un altro istituto. Come se il trasferimento contemplasse anche una sorta di ‘cura’ al suo malessere.

Teachers – 1984

Serve prima di tutto la “formazione obbligatoria per i dirigenti sul disagio mentale professionale. Lo prevede, tra l’altro, l’articolo 38 del d.lgs. 81/08 per la tutela della salute dei lavoratori dallo stress-lavoro-correlato. Inoltre non si vuole scoperchiare il vaso di Pandora: in fondo per l’opinione pubblica i docenti sono coloro che ‘fanno 3 mesi di vacanza all’anno e lavorano mezza giornata’”.

 

Silenced

Esposti, chi più chi meno, al rischio di usura psicofisica, secondo una recente ricerca di Lodolo D’Oria il 59% di essi si definisce “in apprensione” e il 13% “in grave stato ansioso”. L’anticamera di vere e proprie psicopatologie che possono rivelarsi disastrose, per sé e per gli alunni. E che tante volte portano a quei fatti di cronaca che sembrano appartenere al limbo di atti inconsulti, se non di vera e propria, inspiegabile, follia. Nel 1992 un insegnante su tre che arrivava per l’accertamento medico in Commissione medica di verifica aveva una patologia psichiatrica. Ad oggi abbiamo un raddoppio esatto dei valori e dell’incidenza: su tre insegnanti due si presentano per causa psichiatrica.

Confessions (‘Kokuhaku’ – 告白 – Tetsuya Nakashima, Japan, 2010)

La sconfitta “morale” della scuola – e con essa di chi vi lavora – è iniziata anche nel ’68, quando si è creduto di livellare tutto. Questo è stato un disastro, perché i professori hanno dovuto “scendere dalla pedana” e hanno perso agli occhi degli allievi – e non solo dei loro – il minimo rispetto. La scolarizzazione di massa è stata una grossa conquista sociale, ma con essa il maestro è diventato un diritto per tutti. “Tu mi devi insegnare, non sono più io a doverti riverire”.

L’indimenticabile sequenza di Amarcord sugli insegnanti e i loro idiotismi

Il punto debole della formazione degli insegnanti è un’auto-rappresentazione indotta di cui restano facilmente vittime. Chi è l’insegnante nell’immaginario comune? Uno che lavora mezza giornata e fa più vacanze degli altri. Non è tanto il numero di insegnanti folli che ho visto ad avermi impressionato, ma il numero degli insegnanti psichiatrici a fronte degli stereotipi. Ad oggi posso dire con certezza: di questi stereotipi è vittima lo stesso insegnante: lui stesso ne è imbevuto anche perché spesso a casa marito (o moglie) e figli pensano secondo questo stereotipo. Una paziente mi diceva: io ormai non combatto più quando mi dicono che faccio tre mesi di vacanze l’anno… No guardi, le ho risposto, non è vacanza ma convalescenza. Tra i sintomi che riguardano la patologia depressiva ci sono stanchezza cronica, insonnia, irritabilità, nervosismo, incapacità a gestire la routine, a vigilare e gestire la classe, sentirsi in colpa, inadeguato, sgradito. Poi abbiamo i segnali più gravi, che riguardano le psicosi: dalle stravaganze (“voglio far lezione con le tapparelle abbassate”), al sentirsi spiato; deliri persecutori, aggressività fisica e verbale, sospetto e paranoia, sentirsi “mobbizzati”, o in conflitto perenne con l’autorità diretta e coi colleghi. Non mancano casi di allucinazioni. Sbagliano nell’ostinarsi a usare queste cose trasformandole in spettacolo di costume, stravaganze di folli, invece di andare al nocciolo della questione. Alimentano così un preconcetto che era anche nostro, mio e dei miei colleghi quando ancora non avevamo scoperto la gravità di queste patologie. Possibile, ci chiedevamo, che tutti gli insegnanti diventino matti? E ci rispondevamo con una battuta: no, è che solo i matti fanno gli insegnanti… Un errore di incredibile superficialità.

Lo chiameremo Andrea

Recenti studi confermano il particolare stress cui è sottoposta la categoria degli insegnanti, riconducendone l’origine a fattori quali:
• peculiarità della professione (rapporto con le varie componenti scolastiche, classi numerose, retribuzione insoddisfacente, risorse carenti, precariato, conflittualità tra colleghi, costante necessità di aggiornamento);
• società globalizzata (crescita del numero di studenti extracomunitari);
• continuo evolversi della percezione dei valori sociali (introduzione di nuove politiche a favore dell’handicap e conseguente inserimento di alunni disabili nelle classi; delega educativa da parte della famiglia a fronte dell’assenza di genitori-lavoratori o di famiglie monoparentali; alleanza genitori-figli a detrimento dell’asse genitori-insegnanti);
• evoluzione delle tecniche di comunicazione (avvento dell’era informatica e delle nuove tecnologie di comunicazione elettronica);
• susseguirsi continuo di riforme (autonomia scolastica, lavoro d’équipe, innalzamento della scuola dell’obbligo, ingresso anticipato nel mondo della scuola);
• riforma continua delle pensioni (solo vent’anni fa si poteva ancora scegliere di andare in pensione con 15 anni di anzianità di servizio);
• bassa considerazione sociale da parte dell’opinione pubblica.

Paolo Barca Maestro Elementare, Praticamente Nudista

A suffragare l’urgenza di un’indagine epidemiologica in tal senso si considerino i dati scientifici (nazionali e internazionali) proposti di seguito che, pur non essendo esaustivi, sono da ritenersi certamente sufficienti per giustificare un intervento a tutela della salute della più numerosa categoria professionale esposta ai rischi da Stress Lavoro Correlato:
1. La categoria professionale docente è quella a maggior rischio di suicidio in Francia (2006), mentre in Inghilterra presenta un rischio suicidario del 40% superiore a quello della popolazione generale (dati 2012 della National Union Teacher). Gli altri Paesi membri della UE non rilevano dati in merito al suicidio degli insegnanti.
2. Uno studio condotto in Baviera ha evidenziato che la maggior parte dei pre-pensionamenti tra i docenti per malattia sono dovuti a disturbi psichiatrici.                          3. Già nel 1979 uno studio condotto da un sindacato nazionale italiano (CISL) evidenziava come una percentuale del 30% di insegnanti facesse già allora ricorso all’uso di psicofarmaci. Successivamente uno studio retrospettivo comparativo condotto a Milano ha mostrato che la categoria degli insegnanti – in controtendenza con gli stereotipi diffusi nell’opinione pubblica – è soggetta a una frequenza di patologie psichiatriche pari a due volte quella della categoria degli impiegati, due volte e mezzo quella del personale sanitario e tre volte quella degli operatori manuali. (Analoghi risultati pervengono da uno studio effettuato a Torino).

4. Il succitato studio milanese evidenzia inoltre come gli insegnanti presentino il rischio di sviluppare una neoplasia, superiore di 1.5-2 volte rispetto ad operatori manuali ed impiegati. A suffragare il dato, un recente studio epidemiologico, condotto in California su 133.000 docenti, dove l’incidenza di tumore (soprattutto mammario) rilevata è ampiamente superiore a quella della popolazione generale.

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