amleto di william shakespeare

Amleto di Gianni De Luca

Essere, o non essere, ecco la questione: | se sia più nobile nella mente soffrire | i colpi di fionda e i dardi dell’oltraggiosa fortuna | o prendere le armi contro un mare di affanni | e, contrastandoli, porre loro fine. Morire, dormire… | nient’altro, e con un sonno dire che poniamo fine | al dolore del cuore e ai mille tumulti naturali | di cui è erede la carne: è una conclusione | da desiderarsi devotamente. Morire, dormire. | Dormire, forse sognare. Sì, qui è l’ostacolo, | perché in quel sonno di morte quali sogni possano venire | dopo che ci siamo cavati di dosso questo groviglio mortale | deve farci esitare. È questo lo scrupolo | che dà alla sventura una vita così lunga. | Perché chi sopporterebbe le frustate e gli scherni del tempo, | il torto dell’oppressore, la contumelia dell’uomo superbo, | gli spasimi dell’amore disprezzato, il ritardo della legge, | l’insolenza delle cariche ufficiali, e il disprezzo | che il merito paziente riceve dagli indegni, | quando egli stesso potrebbe darsi quietanza | con un semplice stiletto? Chi porterebbe fardelli, | grugnendo e sudando sotto il peso di una vita faticosa, | se non fosse che il terrore di qualcosa dopo la morte, | il paese inesplorato dalla cui frontiera | nessun viaggiatore fa ritorno, sconcerta la volontà | e ci fa sopportare i mali che abbiamo | piuttosto che accorrere verso altri che ci sono ignoti? | Così la coscienza ci rende tutti codardi, | e così il colore naturale della risolutezza | è reso malsano dalla pallida cera del pensiero, | e imprese di grande altezza e momento | per questa ragione deviano dal loro corso | e perdono il nome di azione.

Più dolce sarebbe la morte se il mio ultimo sguardo avesse come orizzonte il tuo volto.
E se così fosse, mille molte vorrei nascere per mille volte ancor morire.

Quando la sera colora di stanco dorato tramonto le torri di guardia,
la piccola Ophelia vestita di bianco va incontro alla notte dolcissima e scalza,
nelle sue mani ghirlande di fiori e nei suoi capelli riflessi di sogni,
nei suoi pensieri mille colori di vita e di morte, di veglia e di sonno.
Ophelia, che cosa senti quando la voce dagli spalti
ti annuncia che è l’ora già e il giorno piano muore.
Ophelia che vedi dentro al verde dell’acqua del fossato,
nei guizzi che la trota fa cambiando di colore?
Perchè hai indossato la veste più pura, perchè hai disciolto i tuoi biondi capelli?
Corri allo sposo, hai forse paura che li trovasse non lunghi, non belli?
Quali parole son sulle tue labbra, chi fu il poeta o quale poesia?
Lo sa il falcone nei suoi larghi cerchi o lo sa sol la tua dolce pazzia?
Ophelia, la seta e le ombre nere ti avvolgono leggere,
ma dormi ormai e sentirai cadenze di liuto
Ophelia non puoi sapere quante vicende ha visto il mondo,
ma forse sai e lo dirai con magiche parole
Ophelia le tue parole al vento si perdono nel tempo,
ma chi vorrà le troverà in tintinnii corrosi
Ophelia

la tragedia di Amleto vista con gli occhi di due smemorati comprimari in Rosencrantz e Guildenstern sono morti di Tom Stoppard

La canzone di Lou Reed “Goodnight Ladies”, del 1972 dall’album Transformer, utilizza una battuta dalla follia di Ofelia (Atto 4, Scena 5) come coro.

Aki Kaurismäki nel suo Amleto si mette in affari (1987)

Video-esperimento degli anni ’70 Un Amleto di meno di Carmelo Bene

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